- Per Suzuki il futuro sta nel l'idrogeno stivato a 700 bar nei serbatoi della Sx4-Fcv che la casa di Hammamatsu porta a Parigi dopo averla mostrata in casa in occasione del G8 tenutosi lo scorso luglio. Una faccia che appartiene al presente per una tecnologia proiettata in un domani che tarda e che nessuno sa quando arriverà. Alla Suzuki poi la loquacità non è di casa. Si sa solo che all'idrogeno stanno lavorando dal 2001 insieme a General Motors è che la Sx4-Fcv è dotata di condensatori che recuperano l'energia in frenata e la restituiscono non appena si riaccelera, senza chiedere aiuto alla batteria e alla cella a combustibile e risparmiando così l'idrogeno.
E nel frattempo? Senza proclami, Suzuki già da tempo ha puntato sulle piccole e ora guarda al downsizing dei motori a benzina attraverso i turbo a iniezione diretta, al metano (soprattutto per Asia centrale, India e Cina) e al diesel, in particolare sull'1.3 litri costruito in India su licenza Fiat e sul nuovo 2.0 sviluppato insieme al gruppo torinese. Il resto è fatto di finezze invisibili, ma nelle quali la Suzuki "nipponicamente" crede, come l'ottimizzazione delle scocche e dell'impianto elettrico per risparmiare peso ed energia. Ma soprattutto rendendo "verde" tutto il processo: dalle materie prime fino al recupero alla fine del ciclo di vita attraverso il cosiddetto environmental management. Il che vuol dire coinvolgere anche i fornitori, costringendoli ad avere la certificazione ambientale Iso 14001.
Ridurre, riusare e riciclare: sono queste le parole d'ordine per far coincidere progressivamente risparmio e rispetto ambientale, un'attitudine che ben rispecchia la mentalità del Sol Levante, da sempre così attenta alla pulizia e a quel razionale utilizzo delle risorse che è uno degli ingredienti della qualità non solo costruttiva, ma anche ambientale.
